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Cooper Hernandez
Cooper Hernandez

Il Ritorno Del Re EXCLUSIVE



Gran parte delle riprese de Il ritorno del Re sono state girate nel 2001 e terminate agli inizi del 2002. La post-produzione del film è durata quasi due anni ed è terminata solo nel mese di novembre 2003, un mese prima del debutto nelle sale com'era successo per il secondo film.




Il ritorno del re



La colonna sonora originale per Il ritorno del re è stata pubblicata il 25 novembre 2003. Il suo brano di chiusura, Into the West, è stato eseguito da Annie Lennox e ha vinto nel 2004 l'Oscar alla migliore canzone.[4]


Sono certo che vedremo più scene del ritorno degli Hobbit alla Contea proprio perché la New Line voleva tenere queste foto segrete e le scene non sono nella versione cinematografica. Forse scopriremo perché Frodo decide di lasciare la Contea e salpare con gli altri. Il saluto di Gandalf è molto più lungo (si dice) e anche le scuse che Gandalf porge a Pipino.


Tra le macro-differenze romanzo/film, vi è senza alcun dubbio il ritorno alla Contea dei quattro Hobbit protagonisti. Giunti dopo tanto tempo nell'anelata terra natìa, Frodo, Sam, Merry e Pipino si vedono costretti a un'ultima battaglia, nota come la Battaglia di Lungacque. A differenza di quanto narrato nella trasposizione cinematografica (vedi punto 3), dopo la caduta di Isengard Saruman trova rifugio nella Contea, sulla quale aveva esteso il proprio dominio durante la Guerra dell'Anello. Dopo aver convinto gli Hobbit a ribellarsi ai soprusi subiti, Frodo, Sam, Merry e Pipino guidano la rivolta contro gli uomini di Saruman: debellati questi ultimi, i quattro eroi hanno un ultimo scontro decisivo con il temibile stregone. Saruman viene infine assassinato da Grima, stanco di patire continue vessazioni e offese da parte del suo padrone (proprio come nel film). Anche Grima morirà, colpito dalle frecce scoccate dagli Hobbit.Peter Jackson decise di eliminare l'intero capitolo dalla trasposizione cinematografica, probabilmente per non smorzare il climax tensivo ed epico rappresentato dalla battaglia finale alle porte di Mordor, né per intaccare l'atmosfera malinconica che permea il ritorno a casa degli Hobbit.8) Un ricordo indelebilePer il cast e la troupe Il Signore degli Anelli ha rappresentato un'esperienza unica, indimenticabile, irripetibile. A legare tra loro i membri del team non sono state soltanto la passione, la professionalità e la dedizione nei confronti dell'impresa, ma anche un profondo rapporto d'amicizia. Rapporto che ha visto coinvolti specialmente i nove membri della Compagnia dell'Anello: Viggo Mortensen, Elijah Wood, Sean Astin, Dominic Monaghan, Billy Boyd, Orlando Bloom, Ian McKellen, John Rhys-Davies e Sean Bean. Gli attori hanno legato a tal punto da prendere un'importante decisione, una scelta che avrebbe fatto di quest'esperienza un marchio indelebile...sulla loro pelle! Tutti i membri della Compagnia*, infatti, portano un tatuaggio recante una scritta in caratteri elfici, il cui significato è il numero NOVE.


Il ritorno del Re (in originale The Return of the King) è il terzo volume della trilogia Il Signore degli Anelli, romanzo di John Ronald Reuel Tolkien. Come ultimo libro contiene anche le appendici, che forniscono informazioni sulla storia, la lingua e gli usi delle civiltà incontrate.


La narrazione comincia a Minas Tirith nelle case di guarigione dopo che gli eserciti dell'ovest sono partiti per i Cancelli neri. Éowyn, affidata alle cure dei guaritori, chiede di vedere colui che ha il comando a Gondor per potergli chiedere di lasciare le case di Cura e partecipare anche ella alla battaglia. Il custode della casa di guarigione la porta allora dinanzi a Faramir che di diritto è destinato a essere il nuovo sovraintendente di Gondor. Faramir, vedendola, se ne innamora. Merry, anche lui a Minas Tirith per essere curato, racconta a Faramir le pene che Éowyn soffre. Lentamente i due giovani si innamorano fino a quando Éowyn accetta di sposare Faramir. Aragorn, con Gandalf e gli Hobbit, fa ritorno a Minas Tirith. Qui Gandalf incorona Aragorn re. Aragorn nomina Faramir principe dell'Ithilien e Beregond capo della guardia di Faramir. Gandalf conduce Aragorn sui monti Mindolluin per svelargli che ormai il mondo è affidato alla stirpe degli uomini e che quindi dovrà governare con saggezza. Qui Aragorn trova un piccolo arbusto di Albero bianco, il simbolo di Gondor, lo prende e lo pianterà nel cortile del palazzo a sostituzione dell'antico albero appassito. Gli elfi giungono anche loro a Minas Tirith e Arwen sposa Aragorn.


Una delle poche critiche che vengono rivolte all'eccezionale trilogia di Peter Jackson riguarda Il ritorno del re e alla presenza di quello che viene definito come un lunghissimo finale multiplo. Dopo quasi 3 ore di film (molte di più se contiamo la versione estesa del film, per non parlare del minutaggio complessivo della trilogia) Frodo è riuscito nella sua missione quasi impossibile: l'Anello del potere è andato distrutto tra le fiamme del Monte Fato, Sauron l'Oscuro Signore è definitivamente sconfitto, Mordor è crollata, la Guerra della Terra di Mezzo è finita. Sembrerebbe che Il signore degli anelli sia ormai giunto alla sua naturale conclusione e, invece, ci aspettano ben altri venti minuti di film. Un po' troppi visto che la storia sembra essere ormai conclusa? Ebbene, tagliando subito la testa al toro ammettiamo che la critica relativa al finale troppo lungo del film non riusciamo a comprenderla. Siamo convinti che proprio in questa lunga coda si trovino i momenti più emotivi e potenti del film e che al suo interno si nascondano i veri motivi per cui amiamo tanto questa storia. Diciamolo senza troppi giri di parole: il finale del film è lungo e perfetto così e ora vi spieghiamo perché vale la pena mettere alla prova la vescica per qualche minuto in più.


L'errore in cui si incorre è quello di considerare Il ritorno del re un film preso a sé quando, in realtà, non è solo parte di una trilogia ma ne rappresenta la chiusura. Certo, funziona anche come un film singolo, ha il suo inizio (i personaggi si dividono ancora), la sua parte centrale (la lunga battaglia di Minas Tirith) e la sua conclusione (l'ultima battaglia a Mordor e la distruzione dell'Anello), ma il suo scopo è anche quello di concludere le storie per ogni personaggio. È la conclusione di tre film, di un viaggio lungo quasi 10 ore di visione e che, giustamente, si prende il suo tempo anche nel finale per rendersi memorabile. Possiamo dividere il finale in sei sequenze, ognuna con un suo significato preciso dove il personaggio centrale cambia continuamente e dove l'utilizzo delle dissolvenze è centrale. Vediamole una a una soffermandoci sul perché è impossibile immaginare il finale del film in maniera diversa.


Il film sembra arrivato "alla fine di ogni cosa" come dice Frodo a Sam, una volta sconfitto Sauron e distrutto l'Anello. Sembra non ci sia alcuna speranza per loro e il film sembra concludersi con una lenta dissolvenza in nero. E invece è solo l'inizio del viaggio di ritorno. Così come Gandalf veniva salvato ne La compagnia dell'Anello, così l'arrivo delle aquile alle pendici del Monte Fato salverà i due hobbit ormai privi di sensi. Mentre sorvoliamo con loro un panorama lavico, la macchina da presa si avvicina al volto di Frodo: sarà su di lui che ci concentreremo d'ora in avanti.


A questo punto erano previste molte più sequenze che avrebbero mostrato cosa sarebbe accaduto a Gimli e a Legolas, oltre che a tutti gli altri personaggi secondari, ma Peter Jackson decise di tagliarle (anche dalla versione estesa) preferendo concentrarsi sugli hobbit. Una dissolvenza incrociata ci riporta sulla mappa della Terra di Mezzo e, di lì a poco, nella Contea. Il ritorno a casa dei quattro ha il sapore dolceamaro dei reduci dalla guerra: silenziosi, quasi estranei rispetto agli altri commensali della locanda, capaci di parlare ed essere capiti solo tra di loro che hanno vissuto qualcosa di terribile rispetto agli altri hobbit della Contea. Ma la loro avventura ha dato loro coraggio e li ha fatti crescere: il timido Sam riesce a farsi forza e conquistare la sua bella Rose. Dopo aver viaggiato fino a Mordor, che pericolo può essere sposarsi?


Nel giorno in cui tutti gli orari vengono stravolti a causa della Coppa del Mondo di calcio, il ciclocross si prepara a vivere uno dei giorni più importanti della stagione, quello dell'attesissimo ritorno di uno dei più grandi interpreti nella storia della disciplina, se non il più forte di tutti: Mathieu van der Poel. Il tracciato di Hulst si presenta ben adatto alle caratteristiche del neerlandese, invero capace di primeggiare su qualsiasi percorso e in qualsiasi condizione con pochissime eccezioni. Ma lo è anche per il grande rivale del momento Tom Pidcock (quello storico rientrerà invece tra sette giorni), amante di questi percorsi tecnici e non troppo pesanti, già ben rodato da tre gare e vincitore ieri in quel di Kortrijk al termine di una prova decisamente convincente. Mathieu parte dalla quarta fila e questo sarebbe un grosso svantaggio se non fosse che MVDP è, tra le altre mille mila cose, il più forte allo start di tutto il plotone. In ogni caso, considerando che Van der Poel ha sempre bisogno di un po' di tempo prima di essere al top e che parte tre file indietro rispetto a loro, i crossisti puri e l'iridato coltivano speranze di batterlo nonostante la storia indichi chiaramente il contrario. L'interesse per questa tappa sta quasi tutto nell'osservare i movimenti di Mathieu al proprio ritorno ma non solo lì; Eli Iserbyt e Laurens Sweeck, infatti, sono separati da appena un punto nelle generale e la lotta che ne consegue è eccitante e probabilmente si prolungherà fino alla frazione conclusiva di Besançon. Fino ad allora però ogni gara può risultare decisiva per indirizzare in un senso o nell'altro la classifica, anche a causa delle varie mine vaganti che possono rubare punti all'uno e all'altro. Su tutti, Lars van der Haar e Michael Vanthourenhout, i quali sperano magari di lottare a lungo con Van der Poel nella gara odierna.


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